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«Come è possibile che l’universo sia infinito? Come è possibile che l’universo sia finito? Volete voi che si possa dimostrar questa infinitudine? Volete voi che si possa dimostrar questa finitudine? Che dilatazione è questa? Che margine è questo?». Così si interrogano Elpino e Filoteo nel primo dei dialoghi che apre l’opera controversa del filosofo che ha pagato con il fuoco il coraggio delle idee: Giordano Bruno, De l’infinito, universo e mondi.

Il concetto di infinito, affrontato dalla scienza e dagli uomini che ne hanno preso parte, è tema di un interessante saggio appena pubblicato per i tipi delle Edizioni Dedalo: Lo scienziato e l’infinito. Numeri, uomini e universi (illustrato, traduzione di Andrea Migliori, pagg. 280, € 17,00). L’autore è Trinh Xuan Thuan: astrofisico di origini vietnamite, cresciuto sui banchi del California Institute of Technology e dell’Università di Princeton, oggi insegna all’Università della Virginia. Il suo campo di ricerca è l’astronomia extragalattica. Per la qualità del suo lavoro di divulgazione, ha ricevuto nel 2009 il premio Kalinga dell’UNESCO e nel 2012 il Premio mondiale della Fondazione Simone e Cino del Duca.

Ambizioso, quanto affascinante, progetto editoriale, l’opera di Thuan prova a far ordine su un’idea – quella di infinito – che l’uomo ha messo alla prova della ragione fin dall’antichità, quando, imparando a contare, si è reso conto di come sia possibile sommare cifre sempre più grandi, in un’operazione che può costantemente essere ripetuta.

Ma non è solo nel campo della matematica che l’infinito dà misura di sé. Gli artisti musulmani hanno cercato di rappresentare con le proprie opere il concetto di infinito. Jorge Louis Borges ha arredato i suoi racconti fantastici di geometrie non euclidee. C’è poi chi ha pagato con la vita affermazioni partigiane sul concetto di infinito: il già citato Giordano Bruno, finito sul rogo come eretico nel 1600, o lo scienziato Georg Cantor, corroso dalla depressione e dalla follia, dopo aver dimostrato agli inizi del Novecento che esiste una gerarchia senza fine di infiniti con gradi diversi di infinitezza.

Ed è proprio attraverso gli sviluppi di matematica e geometria che Thuan finisce per accompagnare il lettore nel luogo che più di ogni altro rappresenta la manifestazione dell’infinito: l’Universo. «È finito o infinito? E se è finito, possiede dei limiti? Se li possiede cosa c’è al di là? Se lancio una pietra oltre i limiti dell’Universo, questa tornerà indietro o si perderà in una regione sconosciuta?», si interroga Thuan. È tutto in ballo: Einstein all’inizio del Novecento ha descritto uno spazio incurvato dalla materia considerando il tempo come quarta dimensione, una curvatura rappresentabile solo grazie a geometrie non euclidee; nel 1929 Hubble fissa nel Big Bang l’istante in cui ha inizio un Universo che si espande e che si evolve in modo perpetuo. È la curvatura dello spazio che stabilisce se l’Universo possa o meno essere infinito. E la curvatura dipende dal contenuto di materia e di energia presenti.

Ed eccoci ai nostri anni, dove scienziati e astronomi cercano di inventariare materia ed energia nel mondo che ci circonda. Un’impresa quasi impossibile, dal momento che la quasi totalità del contenuto non è direttamente accessibile agli strumenti della scienza. Materia oscura, energia oscura, la curvatura nulla dell’Universo calcolata dai ricercatori con sforzi prodigiosi: non c’è modo, o così sembra, di dare una risposta al problema delle dimensioni dell’immenso cielo.

Fra teorie dei multiversi, stringhe e particelle elementari, il lavoro della scienza procede. Il saggio di Thuan, com’è d’obbigo, richiede i puntini di sospensione…[fonte]

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