Un meteorite marziano, caduto sulla Terra e rinvenuto a Nakhla, in Egitto, oltre un secolo fa, ha rivelato al suo interno una strana struttura che assomiglia a una cellula
C’è vita sul Pianeta Rosso? La fantasia popolare e Hollywood ne sono da tempo convinti, ma per la scienza la questione è molto più complessa. Ora, ad aumentare i dubbi è un meteorite marziano, caduto sulla Terra e rinvenuto a Nakhla, in Egitto, oltre un secolo fa, che ha rivelato al suo interno una strana struttura che assomiglia tanto a una cellula.
Qui sopra, la strana struttura ovale nel meteorite marziano
Ad analizzarla è stato un team di scienziati guidati da Elias Chatzitheodoridis, direttore del laboratorio di Mineralogia, Petrografia e Geologia dell’Università Tecnica di Atene. Lo studio è stato appena pubblicato dalla rivista Astrobiology.
Si tratta di un minuscolo oggetto di forma ovale osservato con il microscopio a scansione elettronica, lungo circa 80 micron e largo 60: più grande di un batterio, ma di dimensione simile a quella dei microbi eucarioti, ovvero organismi unicellulari formati da nucleo, membrana ed organelli.
Dunque, a prima vista, in quella roccia arrivata direttamente da Marte sembra inglobata una forma di vita, per quanto primordiale. I ricercatori l’hanno sottoposta a vari esami, utilizzando il microscopio elettronico, i raggi X, la spettrometria di massa. I test hanno rivelato che la struttura è composta di argilla ricca di ferro e di altri minerali.
Da qui, l’ipotesi che in realtà abbia un’origine geologica, piuttosto che biologica.
Tra i vari scenari prospettati dall’articolo, infatti, c’è la possibilità che quel minuscolo ovale si sia formato dal riempimento di materiale in una preesistente vescicola, ad esempio una bollicina di vapore, contenuta nella roccia.
«La considerazione di un possibile scenario biotico per l’origine della struttura ovoidale nel meteorite di Nakhla finora manca di prove evidenti», scrivono i ricercatori. «Pertanto, sulla base dei dati disponibili che abbiamo ricavato sulla natura di questa cospicua struttura, concludiamo che la spiegazione più ragionevole è che si sia formata attraverso un processo abiotico».
Ma questa supposizione non elimina del tutto l’eventualità che forme di vita marziane abbiano avuto qualcosa a che fare con questa infinitesimale struttura. Al sito Space.com, il professor Chatzitheodoridis ha infatti dichiarato: «Nonostante la forma dell’ovoide sia estremamente biomorfica, è assai improbabile che fosse esso stesso un organismo. Tuttavia potrebbe essere stato formato da microorganismi direttamente oppure potrebbe aver intrappolato materiale organico che proveniva da altrove. Il fatto che l’ovoide sia vuoto significa che c’era abbastanza spazio per accogliere colonie di microorganismi».
Per il ricercatore greco, servono ulteriori studi e soprattutto ulteriori scoperte per poter affermare l’esistenza di forme di vita sul Marte. Ma il discorso è aperto. «Saremmo stati felici se avessimo potuto individuare più di un ovoide, con esattamente la stessa struttura sia nella microscala sia nella nanoscala. Avremmo delle prove convincenti se trovassimo molti campioni identici, in forma di colonia, con i medesimi indicatori biologici, chimici e mineralogici, che sono comuni nei microbi terrestri».
Insomma, non si può ancora affermare che ora o in epoche remote la vita sia mai esistita su Marte.
Forse l’onore e l’onere di dimostrarlo spetterà all’erede di Curiosity, che verrà lanciato in direzione del Pianeta Rosso nel 2020 e che aprirà le porte ad una successiva missione umana. Il progetto, presentato dalla Nasa nei giorni scorsi, dovrebbe infatti fungere da battistrada all’invio di un equipaggio.
Chi porterà il primo uomo su Marte?
Il robot avrà il compito di produrre ossigeno – assai carente su Marte- sintetizzandolo dall’abbondante anidride carbonica, ma andrà anche alla ricerca di campioni di rocce significativi da consegnare poi agli astronauti che calpesteranno la polvere rossa. La gara a chi raggiungerà per primi la meta è ufficialmente aperta.
Se MarsOne rispetterà il suo ambizioso programma, che prevede lo sbarco del primo colono umano entro il 2024, la Nasa rischia di arrivare seconda. A Washington bisogna stringere i tempi e recuperare i fondi necessari.[fonte]