Si cerca l’ipotetico corpo celeste con una tecnica in grado di individuare le deboli tracce orbitali in una zona particolarmente buia ai margini del Sistema solare
L’ipotesi che il Pianeta X possa esistere non è affatto nuova: se ne parla da tanto tempo. Zecharia Sitchin, lo scrittore azero naturalizzato statunitense, lo chiamava Nibiru e aveva addirittura teorizzato, oltre a un periodo di rivoluzione di 3.600 anni, che da esso provenisse la razza degli Elohim che ha creato quella umana. Addirittura ritenuto un buco nero, ma poi – storia del maggio scorso – giudicato un possibile bluff del tutto inesistente, il misterioso oggetto pare tornato in auge. Adesso la caccia al pianeta misterioso, più o meno colpevole di averci generato, è ufficialmente aperta grazie a una tecnica messa a punto da Malena Rice e Gregory Laughlin, astronomi dell’Università di Yale, nel Connecticut. Dopo il declassamento di Plutone a pianeta nano, saremmo in presenza non del decimo, ma del nono pianeta del Sistema solare.
Il nono pianeta (dopo il declassamento di Plutone)
Però questo ipotetico corpo celeste ha, di suo, un difetto da ragazzaccio: ammesso che davvero ci sia, non si fa riconoscere in quanto è celato nel buio del cosmo. Il gioco a nascondino potrebbe però avere i giorni contati grazie al metodo shift and stacking di Laughlin e Rice, in grado di individuare le deboli tracce orbitali che solcherebbero una zona particolarmente scura. È una tecnica già utilizzata nel passato per localizzare nuovi satelliti naturali nel Sistema solare, ma è la prima volta che la si prende in considerazione, con i debiti adeguamenti, per una vasta area dello Spazio. In questo modo si verrebbe a capo pure di un’impasse nel quale ci si è trovati dopo che all’inizio del 2016 gli scienziati Mike Brown e Konstantin Batygin del California Institute of Technology di Pasadena avevano spiegato come l’effetto gravitazionale di questo possibile pianeta potrebbe giustificare le orbite insolite di un gruppo di oggetti trans-nettuniani nella cintura di Kuiper.
Gigante
Era stato anche proposto un parametro che fissava l’orbita del Pianeta X allungata con un periodo di circa 15 mila anni terrestri, una massa di circa dieci volte quella della Terra e da due a quattro volte il suo diametro. Il nono pianeta sarebbe così un bel gigante, il quinto in ordine di grandezza dopo Giove, Saturno, Urano e Nettuno. Rilevare il marker di un oggetto collocabile da 12 a 23 volte la distanza tra Plutone e il Sole è impresa complicata, ma grazie allo shift and stacking forse siamo a un punto di svolta. Nel loro studio, accettato dal Planetary Science Journal, Malena Rice e Gregory Laughlin hanno utilizzato migliaia di immagini del telescopio spaziale TESS della Nasa, unendo la luce fioca proveniente dagli oggetti cosmici lontani rilevati nelle immagini.
Già 17 candidati
In totale sono stati identificati 17 oggetti spaziali che potrebbero corrispondere al Pianeta X. Serviranno nuove prove e nuove evidenze, «ma se anche uno di questi oggetti candidati fosse reale», commentano i due ricercatori, «saremmo aiutati nella comprensione delle dinamiche del Sistema solare esterno e delle proprietà probabili del Pianeta Nove». Potrebbe avere il tempo contato (mesi, anni?) grazie ai progressi e all’affinamento della ricerca e della tecnologia. Dovesse apparire senza alcun ragionevole dubbio, magari rimarrebbe giusto da capire se Sitchin aveva visto giusto.[Fonte]