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La missione giapponese ha fatto atterrare due rover su un corpo celeste a 290 milioni di chilometri da noi. Lo esplorerà rimbalzando, lancerà un proiettile per raccoglierne la polvere con un imbuto. E poi tornerà sulla Terra (se tutto andrà bene) per spiegarci come sono arrivate l’acqua e la vita

 

 

 

 

 

 

 

 

 

E’ come se una mosca si fosse posata sulla groppa di un bisonte al galoppo. Mentre l’asteroide Ryugu continua a sfrecciare per il cosmo a 32 chilometri al secondo, due piccoli rover costruiti dall’agenzia spaziale giapponese Jaxa sono atterrati sulla sua superficie.



Pesano poco più di un chilo, hanno un diametro di 18 centimetri e un’altezza di 7. “Scherzando, mi piace dire che sono grandi come la caciotta che ho nel frigo” sorride Ernesto Palomba, il ricercatore dell’Istituto Nazionale di Astrofisica che fa parte anche del team giapponese. Una piccola pulce per un asteroide, una grande missione per soddisfare le nostre curiosità.

I due rover, chiamati con poca creatività 1A e 1B hanno in tutto sette telecamere. Unendo le forze, ci invieranno immagini tridimensionali del sasso volante. Termometri, sensori ottici, giroscopi e accelerometri completano la dotazione di bordo: piuttosto misera, se paragonata allo spiegamento di strumenti delle operazioni Nasa. Le prime immagini – e li si potrà scusare – non sono all’altezza delle aspettative. Ma la discesa sulla superficie di Ryugu, condita da rimbalzi e rotolamenti, rappresentava uno dei momenti più delicati della missione. Secondo gli scienziati giapponesi, l’esito dell’”asteroidaggio” è stato comunque buono.

 

I rover comunicheranno con la sonda “madre” Hayabusa2, che da tre anni marca stretta Ryugu. Le si è avvicinata calibrando rotta e velocità con precisione millimetrica: l’asteroide, piccolo com’è, esercita un’ attrazione gravitazionale trascurabile. Nella pancia della sonda i due robot 1A e 1B hanno viaggiato dalla Terra all’asteroide. E dalla sua pancia, una volta arrivati vicino a Ryugu, sono usciti per l’avventurosa discesa, completata sabato. Ora madre e figli si parleranno con delle antenne capaci di trasmettere dati a 32 kbps. Una velocità che sarebbe considerata insopportabilmente lenta da qualunque navigatore di internet.

Terminate le operazioni di atterraggio, 1A e 1B stanno iniziando a esplorare il loro ambiente (Ryugu non raggiunge il chilometro di larghezza). Non sono però muniti di ruote e la Jaxa ha pensato a un sistema di locomozione alternativo: il rimbalzo. I loro motori dovranno far sollevare i robot dal suolo e guidarne i salti successivi. “Su un corpo celeste praticamente privo di gravità, è impensabile far viaggiare un rover in maniera tradizionale” spiega Palomba. “I giapponesi sono stati davvero ingegnosi”. Durante ogni balzo, 1A e 1B resteranno in aria 15 secondi e percorreranno 15 metri

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Hayabusa2 era partita dalla Terra nel 2014. Ryugu non era stato scelto per la sua forma a diamante e per la remota idea di ricavarne minerali preziosi (da anni le agenzie spaziali di mezzo mondo annunciano operazioni minerarie sugli asteroidi). “Uno dei misteri più grandi è come l’acqua sia arrivata sulla Terra” spiega Palomba. Ryugu, essendo uno degli asteroidi più antichi del sistema solare, con i suoi 4,5 miliardi di anni potrebbe dare risposte interessanti. “Materiali come l’argilla possono essere ricchi di acqua” prosegue il ricercatore. “Non scopriremo tracce di vita, ma forse dei tasselli capaci di spiegarci come la vita si sia sviluppata sulla Terra. Su alcuni meteoriti (che provengono dagli asteroidi), in fondo, sono stati trovati aminoacidi e altri materiali organici”.
 
Finora, a saltare sulla groppa di un bolide spaziale era riuscita solo la sonda dell’Agenzia Spaziale Europea Rosetta. Il suo “lander” Philae era atterrato sulla cometa ghiacciata 67P/Churyumov Gerasimenko nel 2014. “Ma quel tipo di giaccio non è risultato compatibile con l’acqua che abbiamo sulla Terra. Per risolvere il mistero della formazione degli oceani, è allora tornata in campo l’ipotesi degli asteroidi”. Philae, con un rimbalzo malaccorto che l’ha posizionata in una zona d’ombra della cometa, ha fornito poi agli scienziati europei meno informazioni del previsto. La Nasa ha in corso la missione Osiris-Rex, che è già arrivata in vista del suo bersaglio (l’asteroide Bennu) e lo toccherà probabilmente a dicembre.
 
Hayabusa2 resterà in compagnia del suo asteroide un anno e mezzo, a 290 milioni di chilometri da noi. Prima di tornare a Terra, nel 2020, preleverà dei campioni di roccia da analizzare. Già la missione preliminare (Hayabusa1) era riuscita fortunosamente a portare la prima “polvere di asteroide” nei laboratori del pianeta azzurro. “Con queste missioni, i giapponesi sono riusciti a mettere alla prova idee e tecnologie molto ardite senza spendere troppo” spiega Palomba. La sonda numero due, per ottenere altra roccia spaziale, ha in effetti un’idea che sembra uscita dalla mente di uno sviluppatore di videogiochi. “Si avvicinerà fino a pochi metri dalla superficie. Con cautela, perché su Ryugu abbiamo notato molti più massi del previsto. Poi sparerà un proiettile di rame di 15 cm e 2 kg ad una velocità di 2 chilometri al secondo sull’asteroide, in tre punti diversi. Un piccolo imbuto a quel punto raccoglierà la polvere che si solleverà dal suolo”. La conserverà nella sua pancia per tutto il viaggio verso la Terra, consegnandola agli scienziati giapponesi che già aspettano il suo ritorno. In programma nel 2020: in grande anticipo rispetto a quei primi della classe della Nasa.[fonte]