letto da: 312
0 0
Tempo lettura articolo:3 Minuti, 34 Secondi

Un team guidato da ricercatori italiani propone un nuovo approccio all’astrobiologia: cercare le prove dell’esistenza di organismi nel passato di Marte o delle lune di Saturno e Giove indagando sulla presenza di tracce che hanno modificato l’ambiente circostante, prodotti dell’attività biologica

er trovare vita su Marte bisognerà scavare, visto che il suolo non sembra proprio essere un nido confortevole dove proliferare. Ma cosa dobbiamo cercare? Fossili, probabilmente. Non aspettiamoci infatti di portare alla luce misteriose creature che vivono riparate dai raggi ultravioletti. In miliardi di anni Marte è diventato un luogo davvero inospitale. Un team di scienziati, in gran parte italiani, guidato da Andrea Baucon, geologo e paleontologo dell’Università di Modena, propone un approccio nuovo per l’astrobiologia (la ricerca di prove dell’esistenza di vita su altri pianeti): seguire le tracce lasciate dal passaggio o l’esistenza di eventuali organismi e poi fossilizzate.

L’icnologia si occupa delle tracce lasciate dagli organismi animali. In uno studio pubblicato su Earth-Science Reviews, gli scienziati di diverse università, italiane e straniere suggeriscono di indagare sui segni che eventuali remote forme di vita possono aver creato, modificando l’ambiente che li circondava. Partendo dagli esempi che si trovano sull’unico pianeta sul quale siamo sicuri della presenza di vita: il nostro. Un po’ come le orme dei dinosauri scoperte in tanti luoghi della Terra, solo un po’ più piccole.

Cosa cercare? Tracce di scavo, magari, o di sedimenti o di spostamento, secondo i ricercatori. Si tratta di prove indirette che la vita c’è stata, gli icnofossili. Sulla Terra i casi rinvenuti di “strutture biogeniche” sono numerosi, dalle impronte gigantesche fino ai cunicoli e alle scie dei trilobiti nella sabbia fossile e agli escrementi fossili (coproliti). “Non ci si aspetta di trovare forme di vita in sé ma degli indicatori – spiega Roberto Barbieri, professore del dipartimento di Scienze biologiche, geologiche e ambientali dell’Università di Bologna, coautore dello studio – strutture che sono il prodotto dell’attività biologica”.

A differenza della Terra, però, su Marte, Titano (satellite di Saturno) o Europa (una delle lune di Giove) l’ipotesi riguarda solo forme di vita elementari, batteri e invertebrati microscopici che non hanno uno scheletro o un guscio e che quindi non ritroveremo mai. Ma sono in grado di lasciare segni evidenti del proprio passaggio: “I procarioti, come i cianobatteri, per esempio, chiamati anche alghe azzurre, vivono in colonie e possono creare strutture ben osservabili a occhio nudo che possono calcificare e diventare fossili. Come tappeti che troviamo sul fondo di lagune o saline” continua Barbieri.

Si tratta di una ricerca difficile, soprattutto perché per ora bisogna di fare tutto a milioni di chilometri di distanza, sul suolo di un altro pianeta. Ma anche se si trovano somiglianze con alcune formazioni terrestri, foto dall’orbita o strutture microscopiche analizzate dai robot su Marte non hanno dato ancora “segni di vita” inconfutabili, altrimenti staremmo scrivendo della scoperta scientifica del secolo. Lo stesso vale per i satelliti che, anche dalle foto ad altissima risoluzione, hanno mostrato solamente lande desolate modellate da fenomeni naturali.

L’intento del team però è anche quello di introdurre un approccio nuovo all’astrobiologia, cioè cercare le anomalie, i turbamenti dell’ambiente che possono essere spiegati solamente attraverso l’esistenza biologica. Escludendo, ovviamente, le piramidi, i volti e le presunte strutture di una antica civiltà marziana, ben noti fenomeni di pareidolia.

“La traccia migliore che possiamo trovare è quella che non può essere prodotta che da un organismo. Ci sono molte strutture che possono avere sia origine biologica che abiologica” conclude Barbieri. Ma visionando migliaia di foto arrivate dalla Luna, Marte, Venere, dai satelliti di Saturno e Giove, da Urano e Nettuno e dal pianeta nano Cerere, Baucon e i colleghi hanno trovato in effetti prove schiaccianti della vita. Sono le impronte degli astronauti e dei loro veicoli sulla regolite lunare, e il passaggio dei rover (anche se non sono propriamente vita, ma nostri emissari) sull’arido suolo marziano.[fonte]

Lascia un commento