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A cinque anni dal primo tentativo, la missione giapponese sembrerebbe aver centrato l’obiettivo.

Un rendering della sonda nell’orbita venusiana.|JAXA

La conferma ufficiale dovrebbe arrivare mercoledì 9 dicembre, ma intanto, tutto sembra andato come previsto e i parametri sono “nominal”: a cinque anni dalla fallita manovra di inserimento del 2010, la sonda giapponese Akatsuki sembra aver agganciato l’orbita di Venere.

Seconda chance. «È assai probabile che si entri in orbita» ha commentato Masato Nakamura, responsabile della missione presso l’agenzia spaziale giapponese JAXA, il 7 dicembre, giorno del secondo (forse riuscito) tentativo. Gli scienziati hanno avuto la conferma che tutti gli strumenti della sonda, inclusi quelli di comunicazione, funzionano ancora correttamente dopo la manovra, un’accensione simultanea dei quattro motori secondari che ha fatto sì che Akatsuki fosse catturata dalla gravità venusiana.

Avvio sfortunato. Servirà ancora qualche ora per capire se la manovra sia avvenuta esattamente secondo le aspettative degli scienziati. Dopo il lancio nel maggio 2010 Akatsuki – che ha a bordo cinque telecamere, dagli infrarossi agli ultravioletti, per studiare la composizione atmosferica di Venere – era destinata ad entrare nell’orbita di Venere a dicembre dello stesso anno.

Ma un malfunzionamento del motore principale l’aveva spinta di nuovo in orbita attorno al Sole, decretando il fallimento della manovra. Fortunatamente le radiazioni non hanno danneggiato l’equipaggiamento e, dopo aver alleggerito la sonda svuotandola di 65 kg di carburante, gli scienziati giapponesi hanno ritentato l’impresa sfruttando i motori secondari, progettati in origine per piccole correzioni d’assetto della traiettoria.

Speranza comune. La rischiosa manovra, durata 20 minuti, dovrebbe aver portato Akatsuki in un’orbita ellittica più estesa e lontana dal pianeta di quanto inizialmente previsto (diverse migliaia di km anziché diverse centinaia); ma la sonda, per i prossimi due anni, dovrebbe essere comunque in grado di portare a termine gran parte dei compiti previsti.

Dopo la fine della missione Venus Express, lo scorso dicembre, e con lo schianto programmato della sonda MESSENGER su Mercurio ad aprile 2015, non c’erano più strumenti a monitorare i pianeti interni (con una distanza dal Sole minore di quella della Terra). Il successo di Akatsuki sarebbe dunque un’ottima notizia per tutti.[fonte]

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