Gli scienziati hanno trovato fosfina nell’atmosfera di Venere. Un gas che, almeno sulla Terra, significa vita. Si tratta di uno degli indizi più potenti della presenza di forme biologiche al di fuori del nostro Pianeta. Un’ipotesi che Carl Sagan ventilava più di mezzo secolo fa.
Da quando lo conosciamo un po’ meglio, Venere è sceso piuttosto in fondo alla lista dei luoghi in cui cercare forme di vita extraterrestre. È il pianeta più vicino e più simile al nostro, come dimensioni. Ma la sua superficie è un inferno. Tuttavia gli scienziati sanno che si possono trovare posti più temperati. Basta salire di quota, di qualche decina di chilometri. Ed è proprio da lì che arrivano indizi molto interessanti, descritti in uno studio pubblicato oggi su Nature Astronomy.
La rivelazione è stata presentata in una conferenza stampa dalla Royal astronomical society ma vale la pena sottolineare che non si tratta della cosiddetta “pistola fumante”, la prova regina di aver trovato vita su (o attorno) a un altro pianeta. La fosfina però è una cosiddetta “biosignature“, e la sua firma chimica “sulla Terra è associata unicamente all’attività antropica o presenza di vita microbica” scrivono i ricercatori nel paper. “Qui sulla Terra non ci sono modi perché la fosfina sia prodotta in maniera abiotica – spiega John Robert Brucato, astrobiologo dell’osservatorio Inaf di Arcetri – in fondo al mare ci sono batteri che, attraverso dei processi ossidoriduttivi, sono in grado di produrla come scarto del metabolismo. La scoperta lascia questa suspance: potrebbero esserci microrganismi che sintetizzano fosfina su Venere”.
Nubi acide
L’atmosfera di Venere è ciò che rende la sua superficie uno dei luoghi più inospitali del Sistema solare. L’effetto serra trasforma l’ambiente al suolo in un forno, la pressione è pari allo schiacciamento che subisce un corpo a un chilometro di profondità nell’oceano. Ma tra i 53 e i 62 chilometri è, diciamo, ‘vivibile’. Il team di studiosi, guidato da Jane S. Greaves della School of Physics and Astronomy all’Università di Cardiff, ha trovato tracce di fosfina nello spettro dell’atmosfera venusiana usando il James Clerk Maxwell Telescope e l’Atacama Large Millimeter/submillimeter Array.
Le nubi venusiane però sono molto acide. Semplificando: un gas come la fosfina, PH?, dovrebbe ossidarsi velocemente. Aver trovato fosfina (20 parti per miliardo) potrebbe significare che c’è qualcosa che rifornisce l’atmosfera e che quindi continua a produrla: “La fosfina è una molecola molto reattiva, il fosforo si trova in natura ovunque come fosfato, in forma ossidata – continua Brucato – l’ambiente acido favorisce le reazioni e la fosfina dovrebbe degradarsi, reagendo con l’ossigeno, oppure fotodegradarsi, scindersi per azione dei raggi solari. Il fatto che persista per tanto tempo è una ulteriore indicazione che c’è una sorgente di fosfina su Venere. Una cosa intrigante è il fatto che il fosforo è un ingrediente della vita, alla base di Dna ed Rna”.
Succede la stessa cosa col metano, prodotto di scarto di processi biologici, che tende a scindersi e ricombinarsi facilmente. Se qualcuno ci osservasse da lontano e rilevasse la firma del metano nella nostra atmosfera, potrebbe ipotizzare, legittimamente, che il nostro sia un pianeta sul quale ci sono forme di vita in attività.
L’enigma dell’origine ‘naturale’
Ma prima di gridare “Eureka!” occorre vagliare le altre opzioni. Se per esempio alcuni fenomeni geologici o chimici possano produrre questi gas. Prove della riduzione del fosforo sono state trovate ad altissime temperature e pressione nelle atmosfere dei pianeti giganti gassosi, sottolineano gli stessi ricercatori nel paper. Venere però è un pianeta roccioso, qui è tutto molto diverso. La ricerca valuta altre ipotesi come fulmini, micrometeoriti o processi chimici che avvengono all’interno delle nuvole. E a quanto pare non ci sono fenomeni venusiani noti che possono dare origine alla fosfina. “Nonostante sulla Terra siano solo esseri viventi a produrla, sostenere la presenza di vita solo su queste basi è troppo poco – aggiunge Brucato – probabilmente ci sono delle condizioni anche locali diverse, processi che non conosciamo che la producono”. Circostanza sottolineata anche nello studio, assieme alla necessità di andare lì direttamente a prelevare campioni.
Andiamo a vedere
Venere è più “comodo” da raggiungere di Marte. Negli ultimi anni, diverse missioni sono state proposte con molte idee, una delle quali era quella di esplorare non la superficie ma proprio la sua atmosfera. A quanto pare i russi ci stanno per riprovare, con l’intenzione di andare addirittura a raccogliere dei campioni di suolo, perché, come ha detto Dimitri Rogozin, capo del Roscosmos “è sempre stato un pianeta russo”. Qui infatti si schiantò la prima sonda a toccare un altro pianeta (la russa Venera 3) e la prima a inviare dati dal suolo venusiano (Venera 4) negli anni ’60.
Così Venere, l’astro più brillante del firmamento, ora torna ad affascinare perché proprio lì potrebbe essere accaduto qualcosa di simile a quello che è successo sulla Terra: “Esistono batteri che vivono in condizioni estreme, in ambienti ad alta acidità, temperatura o in zone aride – riflette Brucato – ‘mostri’ sui quali si dibatte da tanto tempo se siano stati i primi a comparire sulla Terra. In questo caso sarebbero anche i candidati ideali per Venere: potrebbero essere loro a produrre questa fosfina”.
Non dimentichiamo infatti che Venere e Marte sono agli estremi della fascia di abitabilità, quella zona alla distanza ‘giusta’ dal Sole, per cui sui pianeti ci sono le condizioni ideali per avere acqua liquida sulla superficie: “La terra è al centro di questa fascia ma in passato sia Marte che Venere sono stati al suo interno – conclude Brucato – su Venere ci sono canali e si pensa che un tempo ci scorresse forse acqua. Per entrambi potrebbe esserci stato un periodo in cui le condizioni potevano essere più simili alla Terra. Ma bisognerebbe inviare una missione e analizzare direttamente la sua atmosfera”[Fonte]