Sepolte nei ghiacci artici le tracce di una violenta tempesta solare avvenuta nel 660 a.C. I risultati suggeriscono che la frequenza di eventi così potenti, in grado di mettere fuori uso satelliti e linee elettriche, potrebbe essere più alta di quanto si pensasse. Gli strumenti di Inaf, Infn, Ingv e Asi costituiranno un network per lo ‘space weather’
NEL 2012 siamo stati fortunati, molto
fortunati. Una palla di fuoco vomitata dal Sole ha sfiorato la Terra.
Quella volta anche alla Nasa hanno tirato un sospiro di sollievo
osservandola accarezzare il nostro campo magnetico e disperdersi nello
spazio. Mentre si cercano soluzioni all’Armageddon per deviare un
asteroide che potrebbe in futuro colpire il nostro Pianeta, qualcosa di
simile a una Apocalisse potrebbe arrivare invece dalla stessa stella che
ci ha dato la vita, e senza la quale non esisteremmo.
Per questo anche l’Italia presto avrà un suo network per monitorare il
“meteo spaziale”, grazie allo sforzo di Inaf, Asi, Infn e Ingv assieme
all’Aeronautica militare. Una tempesta solare potrebbe spegnere tutte le luci, friggere satelliti e avere conseguenze sul traffico aereo, soprattutto nelle regioni polari.
Il registro del Pianeta nei ghiacci artici
La prova del fatto che quello di cui parliamo non è un timore da
film di fantascienza riposava sotto i ghiacci dell’Artico, fino a poco
tempo fa. Quando un team di ricercatori, coordinato dal professore di
Geologia dell’Università svedese di Lund, Raimund Muscheler, lo ha
estratto in una carota di ghiaccio. E lo ha analizzato.
Come un archivio della storia del Pianeta, da leggere e interpretare, lì
hanno trovato la firma di una violentissima tempesta solare che investì
la Terra oltre 2.600 anni fa, nel 660 avanti Cristo: “Questo team ha
messo a punto un metodo innovativo: cercare non solo il Carbonio 14, ma
anche altri due isotopi radioattivi, Berillio 10 e Cloro 36 – spiega il
fisico solare Mauro Messerotti,
dell’Osservatorio di Trieste dell’Istituto Nazionale di Astrofisica –
questi ci dicono in maniera inequivocabile che sono un prodotto di una
tempesta solare, un “solar proton event”, con flussi di particelle che,
arrivando in atmosfera, si scontrano con le molecole e producono questi
isotopi che si depositano nei ghiacci”. I responsabili di questa pioggia
di protoni sono i brillamenti e le espulsioni di massa coronale, che
avvengono sul Sole. Possono essere di varie intensità, ma la conclusione
a cui giunge lo studio, pubblicato sulla rivista Proceedings of the National Academy of Sciences, è che eventi così violenti siano molto più frequenti di quanto si pensasse.
Le grandi tempeste del passato
Nel 1859 l’aurora boreale, di solito confinata alle regioni
circumpolari, illuminò il cielo di Cuba. Ora lo conosciamo come “evento
di Carrington”. I telegrafi impazzirono, i telegrafisti presero la
scossa e i loro fogli presero fuoco. Eravamo agli albori della
tecnologia e delle reti elettriche. Ora le conseguenze sarebbero
devastanti: “La tempesta che avvenne nel 660 a.C., assieme a un’altra
avvenuta nel 775 d.C., fu cinque volte maggiore dell’evento di
Carrington, che è stato il più intenso dei tempi moderni – sottolinea
Messerotti – se accadesse oggi sarebbe un disastro. All’epoca si
bruciarono solo i fili del telegrafo. Ora si stima che più della metà
dei satelliti andrebbero fuori uso. Niente Gps, blackout radio. Linee
elettriche che saltano e rischi altissimi per il traffico aereo sulle
tratte polari, per equipaggio e passeggeri. Niente Internet. Pensiamo al
denaro, ai bancomat, alla moneta elettronica, senza elettricità”.
Il 13 marzo 1989 la provincia canadese del Quebec restò al buio per nove
ore proprio a causa di una tempesta geomagnetica. È stata la tempesta
più violenta degli ultimi 30 anni, ma niente di paragonabile a quelle
del passato
Il network italiano
L’Italia già da anni contribuisce al network europeo per il “meteo spaziale”, il monitoraggio di quello che succede oltre l’atmosfera e che potrebbe avere conseguenze sulla vita dell’uomo. Entro la fine dell’anno dovrebbe diventare operativo (almeno nella sua fase preliminare) il servizio nazionale, che mette in rete gli strumenti dell’Inaf per avere un controllo e delle previsioni sui “capricci” che dobbiamo aspettarci dalla nostra stella: “Ci sono strutture dell’Inaf che operano già da decenni. Gli osservatori di Trieste, Medicina, Cagliari e Noto che osservano il Sole nelle onde radio – anticipa Messerotti a Repubblica – poi gli osservatori ottici di Roma, Napoli e Catania che hanno una lunghissima tradizione. L’Osservatorio Astrofisico di Torino, specializzato in osservazioni della corona solare dallo spazio, che gestirà lo strumento Metis sulla sonda europea Solar Orbiter (in partenza nel 2020, ndr) e l’Istituto di Astrofisica e Planetologia spaziali di Roma, che gestisce i radar in Antartide e le misure geomagnetiche”.
L’obiettivo finale sarà metterli tutti in rete assieme agli strumenti di altri enti scientifici, l’Istituto nazionale di Fisica nucleare, l’Istituto nazionale di Geofisica e Vulcanologia, l’Agenzia spaziale italiana, che misurano (in orbita e a terra) il flusso delle particelle che arrivano dallo spazio, Cnr, le varie Università e l’Aeronautica militare. “Così come il meteo terrestre, anche quello spaziale deve essere tenuto monitorato in maniera costante. Per arrivare ad avere un sistema di allerta sulle tempestesolari. Ma ci vorrà del tempo a causa della complessità dello scenario operativo” aggiunge Messerotti.
Il rischio dunque è concreto, perché sulla strada delle tempeste solaridel passato non c’era nulla di così delicato come le tecnologie che abbiamo adesso. Le conseguenze potrebbero essere gravissime per l’ordine pubblico: “Anche l’Onu ha riconosciuto che si tratta di una minaccia globale – conclude Messerotti – nel 2006 una tempesta mandò fuori uso i Gps di tutta la parte illuminata del globo terrestre. Bisogna prendere coscienza di questo, noi stiamo cercando di sensibilizzare sui rischi di un evento che è sì raro, ma non può essere trascurato. Bisogna prepararsi al fatto che potrebbe accadere e prepararsi”. Perché a differenza di un asteroide, per l’arrivo di una tempesta solare abbiamo un preavviso che va da pochi minuti a qualche giorno. E non è qualcosa che possiamo calciare via dalla nostra traiettoria o sbriciolare colpendolo con un ‘semplice’ razzo.[Fonte]