DORMIRE tra le stelle e avere la sensazione (sul serio) di toccare il cielo con le dita. Guardando la terra da lontano, da molto lontano. Un privilegio che, in un futuro non così distante, potrebbe non essere più ad appannaggio esclusivo di astronauti e multimilionari. Nella corsa al turismo spaziale, con le dovute proporzioni, sembra allargarsi la platea dei potenziali clienti. Si presenta così Aurora Space Station, il nuovo progetto di hotel nello spazio, annunciato lo scorso anno. Una vera e propria struttura alberghiera orbitante che, nei piani dei suoi ideatori, dovrebbe vedere la luce entro la fine del 2022. Tra meno di quattro anni. A progettarla una startup americana – Orion Span – con sede a Houston, in Texas.
Da fuori, guardando le immagini del prototipo diffuse dalla società costruttrice, sembra un normale modulo spaziale. Dentro, però, nasconde un design ben diverso dalle classiche navicelle: due suite matrimoniali extra-lusso e oblò panoramici (in numero maggior rispetto agli altri veicoli concorrenti) che trasformeranno la permanenza in orbita in un soggiorno turistico. Lunga dieci metri e larga quattro (più o meno come un jet privato), Aurora Station è stata pensata per ospitare fino a sei passeggeri: quattro clienti e due persone d’equipaggio. Verrà lanciata a 200 miglia (circa 350 chilometri) dalla superficie della Terra e i suoi tour dureranno 12 giorni. Nel corso dei quali si potranno osservare 16 albe e altrettanti tramonti al giorno (il modulo completerà un’orbita terrestre ogni 90 minuti). Ma anche sperimentare concretamente la vita in assenza di gravità. Tra le attività incluse nel pacchetto venduto: la possibilità di coltivare piante, di giocare a ping-pong, di fare sport.
Va detto, le cifre sono ancora astronomiche: le vacanze spaziali a bordo di Aurora Station costeranno quasi dieci milioni di dollari, 800mila dollari a notte (compreso il lancio della navicella che aggancerà la stazione, quest’ultima in orbita forse già nel 2021). Tra l’altro, per essere tra i primi a partire, sul sito della startup ci si può già prenotare versando una caparra di 80mila dollari, rimborsabili in caso di ripensamenti o di slittamento del progetto (alcuni rumors sostengono che la società stia faticando non poco a trovare finanziamenti sufficienti a rispettare le tempistiche prefissate).
Ma, sta di fatto che, se paragoniamo questa somma a quanto sborsato finora da quei pochissimi ‘privati’ che hanno avuto la fortuna di provare un’esperienza del genere, ci si accorge subito del notevole passo in avanti sul contenimento dei costi. Ad esempio, l’ISS (la Stazione Spaziale Internazionale) – quella che per forma, dimensioni e posizione (si trova a 400 chilometri dalla Terra) assomiglia di più alla capsula di Orion Span – in passato ha aperto le sue porte a ospiti eccellenti, tra cui l’uomo d’affari americano Dennis Tito (che, nel 2001, fu il primo turista spaziale in assoluto), per non meno di 20 milioni di dollari, il doppio
Il motivo del consistente sconto applicato risiede nelle modalità e nei tempi di preparazione degli astro-turisti in vista della partenza. L’aspetto che, assieme al lancio della navicella, fa lievitare di più le spese. Oggi, infatti, si pensa occorrano come minimo 24 mesi di addestramento prima di avere l’autorizzazione al decollo. Orion Span punta a ridurli a tre. In che modo? Adottando un sistema d’apprendimento a due fasi. Nella prima, che avviene da remoto, i futuri astronauti potranno simulare la vita in ambienti pressurizzati e imparare le nozioni basilari del volo spaziale, della meccanica orbitale, della strumentazione comodamente a casa loro. Lo faranno attraverso una piattaforma di e-learning (il rilascio è previsto nel corso del 2019). Anche perché i clienti a cui si rivolge Orion Span sono soprattutto appassionati di studi astronomici, che in parte già conoscono di cosa si parla. Nella seconda fase (quella, appunto, trimestrale) – svolta nella base di Houston – si entrerà nel vivo dell’addestramento pratico. Conseguendo la Orion Span Astronaut Certification – OSAC – una certificazione riconosciuta anche da altri enti spaziali.
“Vogliamo portare la gente nello spazio perché è questa la frontiera finale della nostra civiltà”, ha detto Frank Bunger, fondatore e CEO di Orion Span, in occasione dell’annuncio dell’ipotetica data di partenza dell’impresa. Lasciando, parallelamente, intravedere obiettivi ben più ambiziosi: ampliare la grandezza dei moduli fino a realizzare dei piccoli appartamenti che, uniti tra loro, formerebbero i primi condomini spaziali della storia (un esperimento simile è già stato testato sulla ISS nel 2016). “La nostra architettura – ha sottolineato Bunger – è tale da poter aggiungere facilmente capacità”. I vari Elon Musk, Richard Branson, Jeff Bezos e tutti gli altri impegnati nella ‘conquista dello spazio’ a scopi commerciali sono avvisati. Loro si sono limitati a immaginare brevi tragitti in quota; chi attorno alla luna, chi a poche centinaia di chilometri dal suolo. C’è invece qualcuno, come Bunger, che sta tentando di superarli a doppia velocità; puntando molto più in alto: direttamente alle stelle. Resta solo da capire se ce la farà, perlomeno entro il 2022 [Fonte]