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La sonda Osiris-Rex si è avvicinata al corpo celeste grande come un grattacielo e ha trovato molecole antichissime di idrogeno e ossigeno. Ora la attende la missione più difficile: raccogliere un campione di roccia e riportarlo sulla Terra per svelare l’origine della vita

Orbitando attorno all’asteroide Bennu, la sonda della Nasa ha riconosciuto tracce di acqua. Non si tratta di acqua allo stato liquido, ma di molecole formate da un atomo di idrogeno e uno di ossigeno (idrossili in gergo tecnico), incorporate fra i cristalli delle rocce. Se non Bennu direttamente, è probabile che il corpo celeste da cui l’asteroide si è staccato contenesse acqua liquida. Il nostro pianeta sarebbe diventato blu, secondo una delle teorie più accreditate, proprio grazie all’acqua portata dagli asteroidi. “Sappiamo che questo importante elemento si è potuto formare solo nelle regioni periferiche del sistema solare, quindi non sulla Terra” spiega Elisabetta Dotto, ricercatrice dell’Osservatorio Astronomico di Roma dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (Inaf). Alla missione Osiris partecipano altri due ricercatori Inaf: John Robert Brucato dell’Osservatorio Astrofisico di Arcetri e Maurizio Pajola dell’Osservatorio Astronomico di Padova. “Il fatto che gli idrossili siano distribuiti uniformemente su Bennu – prosegue Dotto – dimostra che l’acqua non vi è arrivata in un secondo momento. Avvicinandoci di più avremo la possibilità di verificare la presenza di materiali organici sulla sua superficie”.  

L’osservazione è stata fatta dalla sonda Osiris-Rex della Nasa, che è partita nel 2016 e ha viaggiato 2,2 miliardi di chilometri per raggiungere l’asteroide. Il 3 dicembre l’avvicinamento si è completato. Osiris-Rex attualmente sta orbitando attorno a Bennu (una grossa roccia di circa 500 metri di diametro) a 15 chilometri di altezza, osservandone la forma e analizzandone la composizione chimica grazie a strumenti chiamati spettroscopi. Il fatto che l’asteroide orbiti attorno al Sole a una distanza simile a quella della Terra ha fatto ipotizzare che uno scontro con i suoi 80 milioni di tonnellate potrebbe avvenire alla fine del secolo prossimo

Per il momento, però, Bennu è per gli scienziati una sorta di reperto archeologico del sistema solare. Si ipotizza che l’asteroide (e gli idrossili contenuti nelle sue rocce) si siano formati 4,5 miliardi di anni fa, quando anche la Terra prese forma. Dalla pioggia di comete e meteoriti il nostro pianeta potrebbe aver acquisito sia l’acqua che i composti organici adatti a trasformarsi in vita. “Aspettiamo adesso – scrive la Nasa in un comunicato – che la sonda ci riporti dei campioni sulla Terra, nel 2023. Avremo notizie importanti sulla storia e l’evoluzione del nostro sistema solare”.

La missione di Osiris-Rex è infatti solo all’inizio. Proprio il 31 dicembre la sonda scenderà a circa un chilometro e mezzo di altezza dalla superficie dell’asteroide, dove la debole forza di gravità di Bennu inizierà a farsi sentire. Da lì continuerà a orbitare sempre più vicino al terreno. Arrivata a due metri di distanza (intorno a luglio 2020), estrarrà un braccio e raccoglierà un campione di polvere e granelli dalla superfice (regolite), con una di quelle spettacolari operazioni spaziali cui la Nasa ci ha abituato. A tenerci col fiato sospeso contribuiranno le centinaia di massi da circa 10 metri di diametro che punteggiano l’asteroide. Il prezioso reperto tornerà poi sulla Terra, paracadutato nel deserto dello Utah, e sarà mantenuto completamente sterile e sigillato fino a quando non raggiungerà il laboratorio per le analisi.[fonte]