La sonda dell’agenzia spaziale americana ha inviato il segnale accolto con un’ovazione al Jet Propulsion Laboratory di Pasadena, si è posata sulla superficie dopo una discesa lunga sette minuti, nei quali ha frenato da quasi 20.000 ad appena 8 km/h. Nelle prossime ore dispiegherà i pannelli fotovoltaici e comincerà a guardarsi attorno per sistemare gli strumenti scientifici
NSIGHT ha “telefonato a casa”, un beep, uno squillo singolo. Alla fine è arrivato, un unico segnale che significa “sto bene”, “sono arrivato sano e salvo su Marte”, atteso per sette, lunghi, minuti da quando è iniziata la sua caduta spericolata, assieme a una foto. E nella sala del Jet Propulsion laboratory, le decine di ingegneri e tecnici che attendevano come genitori apprensivi che il figlio chiamasse, la gioia ha squarciato il silenzio teso della sala controllo. Tutto il mondo ha seguito le fasi delicate della discesa, anche lo schermo Nasdaq a Times Square, New York, ha trasmesso la diretta dell’Agenzia spaziale americana. Sì perché se è vero che finora solo gli americani sono riusciti con successo a far atterrare e lavorare un robot su Marte, quei delicatissimi “sette minuti di terrore” della discesa non sono uno scherzo nemmeno per loro.
So, how about a #MarsLanding today? You guys in? Tune in starting at 11 a.m. PT/2 p.m. ET: https://t.co/oig27aMjZd pic.twitter.com/iYXV8slrVX
— NASA InSight (@NASAInSight) November 26, 2018
I “sette minuti di terrore”
Quella del lander Nasa che studierà il cuore del Pianeta Rosso è la prima missione americana ad arrivare lassù dopo sei anni. Dopo un viaggio di sei mesi e mezzo e 480 milioni di chilometri (guidato dalla ‘bussolà italiana, lo space tracker costruito da Leonardo a Campi Bisenzio), Insight è entrato in atmosfera alle 20.47 ora italiana, a quasi 20.000 chilometri all’ora, con un angolo di 12 gradi.
Più ripido e si sarebbe bruciato e schiantato al suolo, più piccolo e sarebbe rimbalzato finendo per vagare nello spazio interplanetario. L’atmosfera di Marte è molto rarefatta ma, nonostante questo, dopo due minuti di caduta il suo scudo termico ha raggiunto 1.500 gradi di temperatura.
Alle 20.51 il paracadute si è aperto per frenare la discesa, 15 secondi dopo è avvenuto il rilascio dello scudo termico e successivamente sono state estratte le “zampe” per l’ammartaggio.
Poi, a circa un chilometro e mezzo dalla superficie, il paracadute si è sganciato e i retrorazzi hanno frenato la discesa fino a otto chilometri all’ora. Ha toccato il suolo nella piatta Elysium Planitia, vicino all’Equatore, 600 chilometri di distanza da Curiosity. Ma a Terra la conferma del lieto finale è arrivata solo alle 21.01. Perché alla velocità della luce, qualsiasi segnale inviato o ricevuto da Insight impiega otto minuti per coprire i 146 milioni di chilometri che separano Marte dalla Terra
Anche i suoi due compagni di viaggio, i due mini-satelliti sperimentali grandi come valigette (i cubesat Mars cube one, o Marco) che lo hanno seguito fino a Marte, hanno fatto il loro dovere. In orbita per raccogliere i suoi segnali e spedirli verso la Terra, hanno trasmesso la conferma dell’avvenuto “ammartaggio”.
Ma a fare da spettatori attivi c’erano i satelliti in orbita in ascolto per catturare il segnale e rilanciarlo verso di noi. Compreso 2001 Mars Odyssey, il più ‘vecchio’ ma ancora attivo, che avrà il compito, nelle prossime ore, anche di scattare immagini della discesa per avere una conferma visiva che tutto è filato liscio, e mostrarci l’avvenuto dispiegamento dei pannelli solari di Insight. Le sue immagini dovrebbero arrivare attorno alle 2.30 del mattino, ora italiana, del 27 novembre. A Terra, invece, tutta la rete di antenne del deep space network era in attesa con l’orecchio rivolto a Marte per catturare la voce di Insight, compresa la base italiana del Sardinia radio telescope.
Tra i vari primati di Insight, il primo è stato registrato al momento stesso della partenza. Si tratta infatti della prima missione destinata a un altro pianeta a decollare dalla costa ovest degli Stati Uniti, non da Cape Canaveral, dunque, ma dalla Vandenberg air force base, in California, il 5 maggio 2018.
Studiare il “cuore” di Marte
La missione Insight (Seismic investigations, geodesy and heat transport) sarà la prima a studiare l’interno di un pianeta usando strumenti al suolo, dalla superficie indagare il suo interno. Un modo per saperne di più anche sulla formazione dei pianeti rocciosi del Sistema solare, compreso il nostro. Un sismografo ascolterà i terremoti, le vibrazioni causate dagli impatti di asteroidi e dalle attività sulla superficie come le tempeste e altri fenomeni amosferici; una sonda che penetrerà fino a cinque metri sotto la superficie (finora solo Curiosity aveva bucato la roccia per appena qualche centimetro) per misurare la temperatura interna; e uno strumento radio per ‘pesarè le fluttuazioni e avere così indizi sulla natura del suo nucleo.
Secondo la tabella di marcia della Nasa, sarà pienamente operativo e pronto a lavorare a partire da dieci settimane dopo l’ammartaggio. In questo periodo infatti, il team del Jpl dovrà usare le camere per visualizzare ciò che la circonda e studiare con cura dove appoggiare i delicati strumenti per “auscultare” i battiti e la temperatura in profondità. Il primo a entrare in funzione, una settimana dopo l’arrivo, sarà però Reis, l’antenna a bordo del lander che sfrutterà un segnale radio trasmesso a Terra e rispedito indietro. Lo farà per due anni, ogni giorno per un’ora, e permetterà di misurare le oscillazioni del pianeta e avere informazioni importanti sul suo nucleo metallico.
Il sismometro verrà piazzato tre o quattro settimane dopo, entro le due settimane successive avrà anche lo scudo protettivo termico e per il vento. La sonda che scaverà fino a cinque metri per calare il termometro una settimana dopo ed entro sei settimane dovrebbe aver completato il foro per iniziare a raccogliere dati e svelare così, dopo mezzo secolo passato a indagare la sua superficie, i segreti che si nascondono nel sottosuolo. [fonte]