E’ la prima volta che viene trovata acqua liquida. L’osservazione è stata fatta dal radar italiano Marsis. Individuato un bacino a un chilometro e mezzo di profondità, sotto al ghiaccio del Polo Sud. Un lavoro di squadra: Asi, Esa, Inaf, Sapienza, Roma Tre, Cnr
E’ un lago simile a quelli terrestri. Si trova però al polo sud di Marte, sotto a uno strato di ghiaccio di un chilometro e mezzo. Ha una ventina di chilometri di diametro e una temperatura di almeno dieci gradi sottozero. La pressione del ghiaccio sovrastante e la presenza di sali disciolti (magnesio, calcio e sodio sono elementi di cui è ricco il suolo del pianeta) gli permette di restare liquido nonostante il freddo. Sulla Terra, in Artide come in Antartide, si conoscono decine di laghi subglaciali simili. In alcuni vivono colonie di batteri estremofili, capaci di cavarsela anche al freddo e al buio.
Ricercatori italiani scoprono acqua liquida su Marte
Ghiaccio e vapore acqueo erano già presenze note sul pianeta rosso. Ma l’acqua liquida, condizione della vita, viene osservata oggi per la prima volta. A scoprire il lago è stato un radar che si chiama Marsis e dal 2003 orbita attorno al pianeta rosso a bordo della sonda Mars Express dell’Agenzia Spaziale Europea. Marsis è uno strumento costruito con pochi fondi, tanta passione e testardaggine, una buona dose di fortuna, l’aiuto di giovani precari e di scienziati che vi hanno dedicato anche il loro tempo libero. In una parola, è uno strumento italiano, che oggi si merita un’uscita speciale sulla rivista Science. Marsis invia dall’orbita delle pulsazioni che vengono riflesse con intensità diverse a seconda dei materiali che incontrano sul suolo marziano, fino a 3-4 chilometri di profondità.
“Non troverete nulla, è impossibile guardare sotto Marte a quelle profondità. Il magnetismo delle rocce confonderà il radar, ci dicevano gli americani. Ma noi in silenzio facevamo e rifacevamo i nostri calcoli. Quanta testardaggine ci abbiamo messo”. Elena Pettinelli, Enrico Flamini e Roberto Orosei, i tre scienziati senior dell’impresa, raccontano e sorridono oggi nel laboratorio di Fisica applicata alla Terra e ai pianeti dell’università Roma Tre: a “casa” di Pettinelli. Attorno a loro una decina di ragazzi (a fare i calcoli, in buona parte, sono stati loro) soprannominati “i giovani scienziati”: Sebastian Lauro, Elisabetta Mattei, Barbara Cosciotti, Francesco Soldovieri e Federico Di Paolo. Molti sono precari. Un refrigeratore capace di raggiungere i 170 sottozero intanto simula la composizione del ghiaccio marziano. All’occorrenza, all’acqua vengono aggiunti sassi, frammenti di materiale magnetico, sali di vario tipo: ogni “ingrediente” è conservato nella sua scatola. “Sulla Terra è facile capire come un materiale riflette i segnali radar. Basta andare lì e misurare. Su Marte no. Dobbiamo basarci su prove e simulazioni” spiega Enrico Flamini, responsabile di progetto Marsis per l’Agenzia Spaziale Italiana e planetologo all’università di Chieti-Pescara.
“Il primo segnale del lago è apparso per la prima volta nel 2008. Da allora abbiamo dovuto fare tanti di quei calcoli, modelli, controlli e ancora controlli. Marsis in dodici anni di osservazioni è passato sul Polo Sud decine di volte e ogni volta il segnale ricompariva, sempre uguale, indipendentemente dal trascorrere delle stagioni. Oggi possiamo dire che non esistono altre ipotesi: quello è il riflesso di un lago di acqua liquida” conferma Roberto Orosei, il ricercatore dell’Istituto Nazionale di Astrofisica che di Marsis è responsabile scientifico. E che firma dunque come primo autore una scoperta che cambierà il futuro dell’esplorazione su Marte, alla quale hanno contribuito anche il Cnr e l’università di Roma La Sapienza.
“No, fino a quella profondità non possiamo scavare. Non abbiamo proprio i mezzi” allarga però le braccia Orosei. Andare a guardare direttamente per il momento è impensabile. Ai poli di Marte la temperatura arriva a meno novanta. Se mai l’uomo arriverà sul pianeta, di certo sceglierà una zona più vicina all’equatore e meno inospitale. “Marsis ha fatto altre osservazioni simili. Sono probabilmente altri laghi, ma dobbiamo ancora completare l’analisi per esserne sicuri” aggiunge il ricercatore dell’Inaf. “E’ possibile che i bacini di acqua liquida siano numerosi vicino ai poli di Marte. Ma da quel che abbiamo visto si trovano tutti a grandi profondità”. Il radar italiano fatica invece a osservare sotto al terreno non coperto dal ghiaccio, materiale particolarmente trasparente per le onde radio.
Da oltreoceano – in particolare dalla Nasa, che di Mars Express ha realizzato alcuni componenti per la trasmissione dei dati – agli italiani sono arrivati i complimenti. Ma oltre che per la profezia sbagliata degli scettici, gli scienziati americani si mordono forse le dita anche per un altro motivo. “Nel 2007 rilevarono un segnale simile, non lontano dal lago che abbiamo visto noi” racconta Orosei. “Ma proveniva da un ambiente ricco di anidride carbonica, un composto che il radar non riesce a ben distinguere dall’acqua. L’osservazione finì nel nulla”.
La sonda Viking dal 1976 ha fatto capire Marte in passato era coperto da mari, laghi e fiumi. “Il nostro problema oggi è spiegare dove sia finita tutta quell’acqua” spiega Orosei. “Una parte è stata spazzata via dal vento solare. Un’altra frazione è conservata sotto forma di ghiaccio, soprattutto al polo nord. Ma una parte, eravamo convinti, doveva essere rimasta intrappolata nel sottosuolo”. Eventuali tracce di vita, in profondità, saebbero anche riparate dai pericolosi raggi cosmici. Per confermare questa ipotesi il radar Marsis fu montato a bordo della sonda orbitante Mars Express. “Era il ’96 e dall’Agenzia Spaziale Europea ci fecero sapere che c’era posto per uno strumento a bordo di una missione piccola, rapida e a basso costo” ricorda Flamini. “Quattro dei sei rilevatori erano pezzi di ricambio di Mars ’96, una missione russa andata distrutta. Marsis invece era un radar completamente nuovo, nel quale non riponevano fiducia in molti. A parte noi”.
Con la scoperta del lago, è come se Marte si avvicinasse di un passo alla Terra. “In Antartide abbiamo osservato molti bacini di questo tipo. Alcuni sono vecchi di 30 milioni di anni. Li studiamo anche per capire le possibili caratteristiche della vita nello spazio, ad esempio sulle lune di Giove” spiega Carlo Barbante, esperto esploratore del polo sud, professore all’università di Venezia e direttore dell’Istituto per la dinamica dei processi ambientali del Cnr. “I laghi subglaciali in genere si trovano a grande profondità, oltre i 2,7 chilometri. La forza di gravità del ghiaccio permette all’acqua di restare liquida nonostante le temperature basse. Al loro interno abbiamo trovato forme di batteri capaci di vivere a pressioni enormi e temperature vicine allo zero, senza luce, sfruttando alcune delle sostanze chimiche disciolte”.[fonte]