Uno studio scientifico ipotizza che Intelligenze Extraterrestri stiano comunicando da astri lontani. Ma servono ulteriori verifich
Chissà se questo studio scientifico farà discutere quanto quello sulla ormai famosa Tabby’s Star- la stella aliena per antonomasia, ormai, anche per i non addetti ai lavori. Questa volta a parlare di astri dal comportamento così anomalo da far pensare alla presenza di intelligenze extraterrestri è un articolo pubblicato online su ArXiv.org della Cornell University.
Il riferimento alle Intelligenze Extraterrestri- ETI, la sigla anglosassone- non è nostro, ma è esplicitamente indicato nell’abstract della ricerca, i cui autori sono due astrofisici dell’università canadese di Lavàl, in Quebec: l’italiano Ermanno Borra e il collega Eric Trottier. Anzi, per i due studiosi al momento si tratta addirittura dell’ ipotesi più probabile per spiegare il fenomeno che hanno registrato.
Analizzando 2 milioni e mezzo di spettri dello Sloan Digital Sky Survey (il progetto che ha realizzato una accurata mappa digitale di una parte dell’universo) hanno evidenziato delle particolari modulazioni spettrali periodiche (potremmo dire banalmente, variazioni nell’andamento della luminosità) solo in una piccolissima quantità di stelle molto simili al nostro Sole, per l’esattezza in 234 casi. Avendo subito escluso errori nelle strumentazioni e nei dati, hanno preso in esame le possibili spiegazioni tecniche, eliminandole però una dopo l’altra.
“Alla fine, abbiamo considerato la possibilità – predetta in un precedente studio pubblicato- che i segnali fossero causati da pulsazioni luminose generate da Intelligenze Extraterrestri per renderci consapevoli della loro esistenza. Riteniamo che i segnali individuati abbiano esattamente la forma di un segnale ETI previsto nella precedente pubblicazione e sono coerenti con questa ipotesi. Il fatto che siano state trovate solo in una piccolissima frazione di stelle con un ristretto intervallo spettrale vicino a quello del Sole è pure coerente con l’ipotesi ETI. Tuttavia, al momento, l’ipotesi necessita di essere confermata da ulteriori studi.”
Contattato dal sito tedesco Grenzwissenschaft-Aktuell.de, il professor Borra ha spiegato: “L’articolo discute i risultati di un’analisi dello spettro di 2.5 milioni di oggetti astronomici. Uno spettro dà- in grande dettaglio- la misura dell’intensità della luce come funzione di colore. Questo lavoro è stato svolto per rilevare segnali periodici in questi spettri generati da Intelligenze Extraterrestri. Il segnale periodico previsto in una precedente pubblicazione scientifica è stato trovato solo in 234 stelle che sono notevolmente simili al Sole- ma non in galassie né in quasar.
Una dettagliata analisi statistica nello studio mostra in modo definitivo che tali segnali non possono essere causati da effetti legati agli strumenti o ai dati. Molte altre possibili cause fisiche sono state parimenti prese in esame, ma analisi quantitative mostrano che non possono generare i segnali. (…) D’altro canto, l’ ipotesi ETI è così peculiare che- a questo punto- non può essere presa per certa. Deve essere assolutamente o confermata o smentita da altre osservazioni.”
Era stato proprio un articolo scritto da Ermanno Borra, nel 2012, a ipotizzare e simulare come avrebbe dovuto essere il segnale emesso da una Intelligenza Extraterrestre: nello studio, suggeriva di cercare in un enorme archivio di dati già disponibile come lo Sloan Digital Sky Survey per individuare quel tipo di segnali nascosti. Questi intensi segnali luminosi potrebbero essere inviati- ad esempio- con laser molto potenti che un osservatore dotato della giusta tecnologia può scoprire e riconoscere.
Certo, la strada è ancora lunga prima di poter affermare che i due astrofisici hanno trovato la prova dell’esistenza di civiltà extraterrestri. Innanzitutto, gli stessi autori ammettono che- per quanto improbabile- esiste un’altra possibile spiegazione: i segnali potrebbero anche essere dovuti ad una composizione chimica estremamente particolare in una piccolissima percentuale di stelle.
Secondo, perché altri scienziati devono ancora controllare la loro ricerca- insomma, la cosiddetta peer rewiew che gli studi messi online non sempre ottengono prima di essere pubblicati. Infine, servono verifiche sul campo. Ma a quanto pare, gli astronomi del SETI sono già interessati a quelle 234 stelle anomale e sono pronti a puntare proprio lassù i loro radiotelescopi sperando di captare qualcosa…[fonte]