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Un esperimento di 40 anni fa ripreso in esame fa tornare in auge l’ipotesi che sul Pianeta Rosso ci sia vita, anche se molto semplice.

 

Sonda Viking1

Tutto parte con la missione Viking, che nel 1976 cercò su Marte segni di metabolismo e quindi di presenza di semplici forme di vita. L’esperimento fu denominato Viking Labeled Release. Iniettando del carbonio debolmente radioattivo nel suolo marziano, i ricercatori della Nasa cercarono di ritrovare nei gas “ripescati” dalla sonda composti organici derivati, si sperava, dall’elaborazione del carbonio stesso da parte di forme di vita.

I risultati però furono ambigui: alcuni gas di possibile origine organica furono scoperti, ma la certezza della presenza di questi esseri viventi non ci fu mai, perché c’erano altre speigazioni – fisiche e chimice – per i risultati.

 

Le analisi che si sono succedute nel tempo da allora hanno anche stabilito che le condizioni ambientali del pianeta non erano adatte alla vita, anche quella estremamente resistente di forme simili ai batteri terrestri. L’acqua era pochissima o assente, e le molecole organiche nel suolo marziano inesistenti.

Il sospetto

Ripescando però quei risultati, due ricercatori statunitensi che parteciparono all’esperimento del 1976 si dicono convinti che i dati ottenuti quarant’anni fa facevano più che sospettare la presenza di esseri in grado di assimilare ed elaborare il carbonio: insomma, di vita marziana.

Le conclusioni di Gilbert Levin e Patricia Straat, descritte sulla rivista Astrobiology (in inglese) si basano sul fatto che le condizioni del pianeta che conosciamo oggi sono molto diverse da quelle che si ritenevano alla fine degli anni Settanta del secolo scorso. Ora sappiamo che l’acqua esiste, sia sottoforma di acqua libera sia come brina o acqua salata. Inoltre sono state scoperte su Marte semplicissime molecole che potrebbero anche far sospettare un’origine organica.

Resistenti.

Infine, gli autori fanno notare che le temperature del pianeta sono nell’ambito di quelle che alcuni organismi terrestri molto resistenti sopporterebbero benissimo. A questo si aggiunge il fatto che la nostra conoscenza dei cosiddetti estremofili (batteri o archea che vivono in condizioni estreme di temperatura, salinità, pH o altro) è molto superiore a quella di decenni fa.

 

Insomma, la certezza assoluta di forme di vita (molto semplici) su Marte non c’è ancora, ma il sospetto che l’esperimento Viking del 1976 abbia detto più di quello che abbiamo capito si è fatto più consistente.[fonte]

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