Il motore rivoluzionario (impossibile, per molti) torna a fare discutere: funziona? Lo sapremo presto.
Si torna a parlare di EmDrive, il propulsore elettromagnetico che sarebbe capace di generare una spinta formidabile, in grado – a detta del suo inventore, Roger Shawyer – di portarci su Marte in 70 giorni.
La novità è che avrebbe superato anche i test dell’American Institute of Aeronautics and Astronautics (AIAA), che pubblicherà un report a dicembre 2016.
L’abbondanza di condizionali è d’obbligo, come si suole dire: non sarebbe certo la prima volta che scoperte e invenzioni straordinarie e capaci di cambiare il mondo restano fumose promesse, come insegna per esempio la fusione fredda di Andrea Rossi. Se l’EmDrive è una storia diversa, lo sapremo a dicembre.
José Rodal, ricercatore indipendente, ha affermato in questi giorni che scienziati degli Eagleworks Laboratories (Nasa Johnson Space Center) hanno ottenuto risultati convincenti sull’EmDrive, un sistema di propulsione che molti avevano giudicato impossibile. Risultati convincenti a tal punto da aver superato l’analisi dell’AIAA (American Institute of Aeronautics and Astronautics) che presto pubblicherà i loro risultati sulla propria rivista, dopo aver fatto controllare lo studio ad altri esperti del campo, secondo il metodo di tutte le riviste scientifiche peer review.
L’AIAA ha confermato, sottolineando che la pubblicazione arriverà nel dicembre 2016, senza però entrare nei particolari.
Il sistema di propulsione EmDrive agirebbe “spinto” dal movimento di fotoni (particelle di energia) – innescato da un generatore elettrico, che potrebbero essere un set di pannelli fotovoltaici o anche un motore termonucleare – all’interno di un serbatoio a forma di campana.
Rimbalzando nella campana, i fotoni generano una spinta sufficiente a far muovere il dispositivo.
Contrariamente a chi sostiene che l’idea non sta in piedi poiché non c’è azione e reazione, come nei razzi convenzionali (perché il movimento delle particelle avviene all’interno del motore) Roger Shawyer, l’ideatore del motore, spiega che la spiegazione del fenomeno non va cercata nella meccanica tradizionale, ma in quella che si origina a velocità relativistiche perché i fotoni si muovono alla velocità della luce. Il ricercatore avrebbe già sperimentato un EmDrive in laboratorio, con risultati consoni a quanto afferma.
Shawyer afferma di essere al lavoro su di un EmDrive di “seconda generazione”, al fine di ottenere ulteriori risultati a conforto delle sue ricerche.
«Non c’è nulla di nuovo nel mio motore, tutta la teoria necessaria a spiegarlo è nota da decenni. Il prossimo EmDrive darà spinte 1000 volte superiore al precedente: a quel punto potremo applicare questa propulsione a ogni oggetto che si muove, dagli aerei alle navi», afferma con convinzione.
E per dimostrarlo ha messo sul suo sito una serie di informazioni che spiegano con un certo dettaglio il funzionamento dell’EmDrive e dei principi che lo guidano.
Al momento tuttavia non mancano i pareri avversi, e in fondo tutti attendono a questo punto l’annunciata pubblicazione scientifica che, si spera, possa fare chiarezza – in un senso o nell’altro – su questo futuristico sistema di propulsione del tutto pulito.[fonte]