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La dimensione è quella giusta. L’aspetto, anche. La distanza dal suo sole, pure. Insomma, forse ci siamo, forse davvero gli scienziati hanno individuato il primo pianeta extrasolare dalle caratteristiche molto simili alla Terra. Il sogno degli astrobiologi- trovare un gemello del nostro pianeta in grado di supportare la vita- potrebbe essersi realizzato.

Il mondo alieno in questione, denominato dalla sigla Kepler 438b, nella costellazione della Lira ( la sua stella più luminosa è Vega), ha un diametro leggermente superiore a quello terrestre e orbita attorno ad una nana arancione che lo scalda  il 40 per cento  in più rispetto alla nostra stella. Tutto fa pensare che sia di natura rocciosa, come lo sono quasi tutti i pianeti più piccoli. Secondo i ricercatori, ci sono 7 possibilità su 10.
Così come sembra assai probabile che si trovi nella cosiddetta Goldilocks Zone, la fascia di abitabilità nella quale la temperatura consente alla molecola di H2O- ammesso che ci sia – di mantenersi allo stato liquido. Una superficie solida e acqua corrente: due delle condizioni indispensabili per la  vita, almeno della vita organica che conosciamo noi.

Su Kepler 438b, poi, un anno dura come un mese terrestre: impiega infatti poco più di 35 giorni per compiere una intera rivoluzione. Ma questa potenziale copia della Terra è molto lontana da noi: il sistema planetario di cui fa parte dista infatti circa 470 anni luce.
La scoperta è stata compiuta da un team del Centro di Astrofisica Harvard-Smithsonian ed è stata annunciata qualche giorno fa nel corso di un meeting dell’American Astronomical Society che si è svolto a Seattle. Con Kepler 438b, sono stati individuati altri 7 pianeti nelle fasce di abitabilità delle loro stelle. Merito sempre  di Kepler, il telescopio spaziale della NASA che trova i mondi alieni calcolando il transitorio calo di luminosità degli astri durante il loro transito orbitale.
Un altro degli esopianeti appena scovati e considerato interessante è Kepler 442b: si trova nella medesima costellazione della Lira, ma ad una distanza ancora maggiore- 1100 anni luce. È circa di un terzo più grande della Terra e in questo caso- dice l’articolo pubblicato dai ricercatori sulla rivista scientifica The Astrophysical Journal-  ci sono 60 % delle possibilità che sia roccioso.

L’autore principale dello studio, Guillermo Torres, sostiene che le dimensioni e la quantità di luce che ricevono i due nuovi mondi li rende i pianeti più simili al nostro fino ad oggi individuati al di fuori del sistema solare. In precedenza, i candidati migliori erano considerati Kepler 186f (circa il 10 % più grande della Terra e con un terzo di energia solare in più) e Kepler 442b (più grande e più illuminato del 40% ).
Quello che resta da appurare- e non è un dato di poco conto- è se questi pianeti siano anche dotati di un’atmosfera. Nel caso fossero circondati da uno strato più o meno spesso di gas, secondo i calcoli degli scienziati sui due corpi planetari appena scoperti le temperature dovrebbero raggiungere in un caso i 60 gradi Celsius e nell’altro lo 0.
Per essere certi che Kepler avesse veramente individuato dei pianeti, l’equipe dell’Harvard-Smithsonian ha utilizzato un programma informatico denominato Blender che ha confermato la scoperta.  A volte, infatti, si verificano dei falsi avvistamenti, come ad esempio quando due stelle in coppia si eclissano l’un l’altra, producendo un calo di luminosità. Con il programma Blender si ottiene una probabilità statistica della  presenza di un pianeta: ben 11 dei 12 candidati analizzati da Torres e compagni si sono dimostrati reali al 99,7%.
Per stabilire, invece, la presenza di un’atmosfera e soprattutto la sua composizione chimica, essenziale per lo sviluppo della vita, gli astronomi attendono i telescopi di nuova generazione, come il James Webb Space Telescope- che prenderà il posto di Hubble dal 2018- e l’E-ELT (l’European Extremely Large Telescope) che dovrebbe sorgere nel deserto di Atacama, in Cile.

Nel frattempo, si valutano gli altri elementi favorevoli, come l’esistenza di un satellite: mantiene più stabile l’inclinazione dell’asse di rotazione del pianeta, evitando variazioni estreme nelle temperature- esattamente come fa la nostra Luna. Oppure, sarebbe utile la vicinanza di un gigante gassoso (come nel nostro caso, Giove), che funge da scudo contro i devastanti impatti di asteroidi e comete. Praticamente, più che un gemello della Terra, cerchiamo un gemello del nostro sistema solare.[fonte]

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