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Secondo un gruppo di ricercatori americani, ben presto gli astronomi potrebbero essere in grado di identificare quei pianeti rocciosi di tipo terrestre che sono deformati dalla forza di gravità dovuta alla stella ospite. Gli scienziati, guidati da Prabal Saxena della George Mason University descrivono come rivelare questi mondi esotici su Monthly Notices of the Royal Astronomical Society

Illustrazione della deformazione di un pianeta come la Terra in orbita

attorno ad una nana rossa. Credit: Shivam Sikroria.

Sin dalla prima scoperta avvenuta nel 1993, sono stati identificati finora più di 1800 pianeti extrasolari. Questi mondi alieni sono incredibilmente diversi, alcuni sono giganti gassosi, come Giove, altri sono di tipo roccioso, come la Terra. Gli esopianeti orbitano attorno alla propria stella a distanze diverse, da meno di un milione di chilometri fino a quasi 100 miliardi di chilometri. Inoltre, i corpi celesti che sono molto vicini alle loro stelle sono soggetti a condizioni estreme: basti pensare alle elevate temperature, che spesso superano i 1000 gradi Celsius, e alla deformazione causata dalle forze di marea risultanti dal campo gravitazionale stellare. Naturalmente, quest’ultimo effetto è maggiormente visibile nel caso di pianeti dotati di una atmosfera, come i cosiddetti gioviani caldi, e risulta più difficile da osservare nel caso dei corpi celesti simili al nostro pianeta.

Prabal Saxena, ricercatore della George Mason University e il suo gruppo hanno sviluppato una serie di modelli per i pianeti che si trovano vicini ad una nana rossa, una stella molto più debole del Sole e la più comune tra quelle presenti nella Via Lattea. Si assume che il moto di rotazione del pianeta sia bloccato così che il corpo celeste mostra sempre la stessa faccia alla sua stella mentre orbita, come nel caso della Luna con la Terra. In queste condizioni, gli astronomi prevedono che il grado di deformazione sia misurabile quando il pianeta transita davanti alla sua stella.

Dunque, se gli scienziati saranno in grado di trovare questi casi estremi, allora si potranno ricavare preziosi indizi sulle proprietà fisiche globali dei pianeti terrestri. «Immaginate di prendere un pianeta come la Terra o Marte e di porlo vicino ad una nana rossa e poi di deformarlo», commenta Saxena. «Se analizziamo solamente la forma che assume il corpo celeste, essa ci dirà molto sulla sua struttura interna, altrimenti impossibile da studiare, e come l’oggetto stesso cambia nel tempo».

Insomma, pare proprio che i deboli segnali associati a quei mondi alieni deformati dalla forza di gravità della propria stella possano essere catturati dagli attuali telescopi spaziali e, certamente, da strumenti ancora più potenti, come il telescopio spaziale James Webb e l’E-ELT che entreranno in funzione nei prossimi anni.

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