Kary Mullis è stato un esperto surfista e un contestatore alla Berkeley University negli anni 60. Ma soprattutto, è anche l’unico premio Nobel ad aver descritto un possibile incontro con gli alieni. Premio Nobel? Sì, per la chimica. Lo ottenne nel 1993 grazie alla scoperta della PRC – Polymerase Chain Reaction -, una tecnica che ha rivoluzionato anche il mondo della genetica. Mullis è stato sovente in contrasto con le posizioni ortodosse della scienza, rifiutando di accettare le posizioni dogmatiche e preferendo piuttosto una curiosità senza limiti. La sua esperienza “aliena” passa attraverso questa lente d’ingrandimento ed è narrata nel libro “Ballando nudi nel campo della mente”, volume frizzante che parla di vari temi, dal metodo scientifico appunto, alla parapsicologia, all’Hiv e all’Aids, al caso di O.J. Simpson. Il capitolo che lo riguarda s’intitola “Gli alieni non sono ammessi”. E’ una vicenda di tempo che prima si blocca e che poi manca. E di una memoria che, tornando sui luoghi della vicenda, ricostruisce quanto capitato. La prosa è davvero ironica e divertente. Vi propongo alcuni passaggi: “Alcune persone vivono esperienze tanto bizzarre, da essere portate ad attribuirle a interventi alieni… Io stesso ho avuto una di queste esperienze. Sostenere che si è trattato di un intervento extraterrestre può suonare eccessivo, ma giudicarla semplicemente un’esperienza insolita significa minimizzare. Diciamo che è stata estremamente insolita”; “… Credo che questo non abbia niente a che vedere con il fatto che una notte fui rapito da esseri misteriosi. Sono relativamente sicuro che non si trattasse di agenti delle tasse”; “… Puntai la torcia, notando solo che la cosa appariva più bianca nel punto in cui veniva colpita dal raggio di luce. Sembrava un procione. Più tardi, mi chiesi se non si fosse trattato di un ologramma, proiettato da Dio sa dove. Il procione mi rivolse la parola: “Buonasera, dottore”, mi disse. Gli risposi, non ricordo esattamente cosa, forse “Salve!”; “La cosa successiva che mi ricordo è che era mattina presto e stavo camminando su una strada che saliva da casa mia. Quello che pensai mentre tornavo verso casa fu: ‘Cosa diavolo sto facendo qui?’ Non avevo alcun ricordo della notte precedente. Pensai che forse ero svenuto e avevo trascorso la notte all’aperto. Ma le notti estive, a Mendocino, sono umide, mentre i miei vestiti erano asciutti e perfettamente puliti”…; “Pian piano gli avvenimenti della notte precedente cominciavano a tornarmi alla memoria. Ricordai che stavo andando al gabinetto con la mia bella torcia nuova. Dove diavolo era finita? D’un tratto, mi tornò in mente il procione luminoso che parlava! Era successo davvero? Il ricordo era nitido… Ma dove era finita la mia torcia?”.
E questa è solo una parte della storia. Il seguito del capitolo, narra di come Mullis abbia provato ad esorcizzare ricordi e timori tornando nel bosco con un fucile, sparando e ripetendo frasi celebri di John Wayne. E di come si sia imbattuto, in un libro, in una vicenda simile alla sua prima che sua figlia, un giorno, gli confessasse di aver vissuto la stessa esperienza assieme al fidanzato: per tre ore, il ragazzo non riuscì a trovarla; era sparita ed era scesa giù per la collina proprio come aveva fatto il padre. Lo scienziato da Nobel conclude così: “Non ho intenzione di pubblicare un articolo scientifico su queste esperienze, perché non posso fare alcun esperimento. Non sono in grado di far apparire procioni luminosi e non posso comprarne da una ditta produttrice di materiali scientifici, per studiarli. Non posso perdermi di nuovo, deliberatamente, per qualche ora. Ma non rifiuto di ammettere ciò che è avvenuto. Si tratta del tipo di evento che la scienza definisce aneddotico, perché si è svolto con modalità che non possono essere riprodotte. Però, è accaduto”. Esemplare. Da dedicare a chi dico io.[fonte]