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Trentasette anni fa, esattamente in questi giorni, milioni di persone in tutto il mondo affollavano i bar per seguire da preistoriche tv in bianco e nero l’avventura dell’Apollo 11, la capsula che avrebbe portato l’uomo sulla Luna. Coperte dalle voci dei commentatori, si udivano sullo sfondo le incomprensibili comunicazioni tra la base di Houston e i tre astronauti nella navicella: Neil Armstrong, Edward «Buzz» Aldrin e Michael Collins. Due frasi, scambiate il 19 luglio, poco prima dello sbarco, erano sembrate a tutti i tecnici che seguivano la missione una normale richiesta di informazioni, ma nascondevano un segreto che Aldrin ha rivelato solo adesso: l’Apollo 11 non era solo nello spazio.

L’equipaggio chiese alla base dove si trovasse rispetto a loro l’S-IVB, il terzo modulo del razzo che li aveva spinti verso la Luna. Dopo qualche minuto, Houston rispose che si trovava a 6000 miglia nautiche, circa 11 mila chilometri. «Non poteva dunque essere quello – ha rivelato Aldrin – il grande oggetto che vedevamo dall’oblò ad una certa distanza da noi. Era a forma di anello e si muoveva ad ellissi. Collins decise di guardarlo meglio con un cannocchiale, non era sicuramente il nostro razzo».

I tre astronauti decisero di non comunicare altro alla base, e di parlarne solo al loro ritorno in un briefing riservato. «Che cosa potevamo fare? – ha spiegato Aldrin -. Dovevamo metterci a gridare “ragazzi, c’è qualcosa che si muove qui di fianco, avete idea di che cosa possa essere?” Molta gente ascoltava le comunicazioni tra noi e Houston, gente di tutti i tipi. Temevamo che qualcuno potesse chiedere di annullare la missione, a causa di una minaccia aliena o per qualunque altra stupida ragione. Così decidemmo solo di informarci per precauzione su dove si trovasse l’S-IVB».
Tornati sulla Terra, accolti dal presidente americano Richard Nixon a bordo della portaerei Hornet, gli astronauti raccontarono le fasi dell’avvistamento ai responsabili della missione. La Nasa decise di non renderle pubbliche. Il dottor David Baker, all’epoca Senior Scientist dell’Apollo 11, ha spiegato che l’Agenzia spaziale americana, temendo il ridicolo, aveva vincolato l’equipaggio al segreto. «Molti tecnici della Nasa si sono convinti che gli Ufo esistono – ha detto Baker – e questo ha spinto ancora di più l’agenzia ad una politica di segretezza. Nessuno riuscì a scoprire che cosa fosse l’oggetto che quelli dell’Apollo 11 avevano visto, ma è certo che questi avvistamenti non erano rari fino dai tempi dei primi viaggi in orbita: molti equipaggi avevano incontrato oggetti strani».

Anche se il nome di Neil Armstrong è rimasto nella memoria di tutti come quello dell’eroe della missione, il primo uomo a mettere piede sulla Luna, in realtà il vero protagonista di Apollo 11 fu Edwin Buzz Aldrin, colonnello dell’aviazione americana, discendente da una famiglia svedese di fabbri e predestinato ai voli sul nostro satellite dal cognome della madre: Moon. Ci sono pochissime foto di Armstrong sulla Luna, ma ce ne sono moltissime di Aldrin, che molti appassionati dei misteri lunari accusano adesso di non avere raccontato tutta la verità. Basta fare una ricerca sul web con Google o Yahoo per rendersi conto di quante persone nel mondo siano convinte che, anche dopo l’allunaggio, «c’era qualcosa di strano là fuori».

La convinzione nasce da presunte intercettazioni delle comunicazioni fra gli astronauti e la Nasa, fatta da radioamatori a terra. Sceso sul suolo lunare, Armstrong affermò di vedere una intensa luce che proveniva da un cratere. La comunicazione si sarebbe interrotta bruscamente, ma non per le decine di persone che la intercettavano da casa. «Che cosa sono? Che cosa sono? Potete dirci che cosa sono? – avrebbero continuato Armstrong e Aldrin -. Oh Dio, non ci credereste. Siamo qui, stiamo tutti bene, ma abbiamo dei visitors. Vi dico che ci sono altre navi spaziali qui e sono tutte allineate al bordo del cratere».

Di questa flotta galattica non c’è traccia nelle foto e nei filmati che la Nasa ha reso pubblici. Qualcosa dovrebbe potersi vedere negli altri documenti video, custoditi nei National Archives, ma – giusto perché il mistero degli Ufo lunari possa continuare ad affascinarci senza essere smentito -, dei 700 nastri della missione ne sono misteriosamente spariti 698 e l’unica macchina rimasta in grado di trasmetterli non esiste più: era conservata al Goddard Space Flight Center’s Data Evaluation Lab, chiuso e smantellato per mancanza di fondi.[fonte]

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